HCC e ICI
Effetto della terapia con inibitori del checkpoint immune nel carcinoma epatocellulare sulla base dell’epatopatia sottostante
Messaggi chiave
- Complessivamente, gli outcome del carcinoma epatocellulare sono migliorati con l’uso degli inibitori del checkpoint immune, ma solo una piccola percentuale di pazienti risponde alla terapia.
- Le evidenze emergenti suggeriscono che i pazienti con cause non virali di carcinoma epatocellulare, compresa la steatoepatite non alcolica e l’uso di alcol, potrebbero non avere lo stesso beneficio da inibitori del checkpoint immune rispetto ai pazienti con carcinoma epatocellulare a eziologia virale.
- I pazienti con carcinoma epatocellulare virale sembrano avere una sopravvivenza globale migliorata se trattati con inibitori del checkpoint immune rispetto ai pazienti con carcinoma epatocellulare non virale, ma la differenza non è statisticamente significativa.
Background
Cosa c’è di noto su questo argomento?
- Nel contesto complesso del carcinoma epatocellulare (HCC, hepatocellular carcinoma) non resecabile, l’inibitore del checkpoint immune (ICI) – da solo o in associazione con bevacizumab – è diventato la terapia standard.
- Complessivamente, gli outcome dell’HCC sono migliorati con l’uso di ICI, ma solo una piccola percentuale di pazienti risponde alla terapia; di conseguenza rimane necessario trovare biomarcatori utili alla selezione ottimale dei pazienti.
- Le evidenze emergenti suggeriscono che i pazienti con cause non virali di HCC, compresa la steatoepatite non alcolica (NASH, nonalcoholic steatohepatitis) e l’uso di alcol, potrebbero non avere lo stesso beneficio da ICI rispetto ai pazienti con HCC da cause virali.
- Uno studio recente di Pfister et al. (2021) ha dimostrato in modelli preclinici che l’attivazione aberrante di cellule T associata a NASH e l’alterata sorveglianza immune hanno un ruolo nel ridurre la responsività a ICI.
- Questo studio ha utilizzato dati real-world per valutare le differenze nella sopravvivenza globale (OS, overall survival) in seguito a terapia con ICI nei pazienti con HCC indotto da virus rispetto a quelli con HCC non indotto da virus.
Come è stato condotto questo studio?
- È stata condotta una revisione retrospettiva delle cartelle di tutti i pazienti con HCC non resecabile del Mount Sinai Health System trattati con ICI dal gennaio 2017 al giugno 2021.
- L’outcome primario era la OS dei pazienti con eziologia virale vs. quelli con HCC a eziologia non virale.
Risultati
Cosa aggiunge questo studio?
- In tutto sono stati inclusi 349 pazienti. La coorte era prevalentemente maschile (84%), con età mediana di 63 anni.
- L’86% dei pazienti erano cirrotici. 246 (70%) pazienti avevano HCC a eziologia virale, la maggior parte (67,5%) da infezione da epatite C.
- 103 pazienti (30%) avevano cause non virali di HCC, il 47% da NASH e il 39% da alcol.
- Al momento dell’inizio di ICI la maggior parte dei pazienti (66%) aveva un’epatopatia classe A di Child Pugh (CP) e un performance status (PS) ECOG di 0 (71%).
- L’ICI somministrato più frequentemente era nivolumab (87%) e il 79% dei pazienti ha ricevuto ICI come terapia di prima linea.
- I gruppi di HCC virale e non virale erano uniformi per sesso, età, cirrosi, PS ECOG, tipo di ICI e linea di terapia.
- Con una durata mediana del follow-up di 10,5 mesi (range: 1,4-62,4 mesi), la OS mediana (mOS) dei pazienti con HCC virale era di 19,3 mesi (IC 95%: 14,2-26,6) e la mOS dei pazienti con HCC non virale era di 11,4 mesi (IC 95%: 9,3-17,7; p = 0,08).
- L’hazard ratio, aggiustato per classe e stadio CP, per HCC virale trattato con ICI era 0,81 (IC 95%: 0,583-1,127; p = 0,21).
Conclusioni e prospettive
Qual è l’impatto di questo studio sulla pratica clinica?
- I pazienti con HCC virale sembrano avere una OS migliorata se trattati con ICI rispetto ai pazienti con HCC non virale, ma la differenza non è statisticamente significativa.
- Ulteriori studi sono necessari per comprendere meglio i meccanismi sottostanti la risposta a ICI nell’HCC.
Funding: ---
Disclosure: per il presentatore, nessuno